l'arte dell'improvvisazione
L’improvvisazione non è mai stata trattata col rispetto che merita. Data la sua natura olistica, essa richiede un impegno totale: non si possono fare correzioni. Esige che il sistema nervoso sia all’erta per ogni cosa, molto più che per qualsiasi altro tipo di attività.
Keith Jarret
Keith Jarret
3 Commenti:
... mi chiedo da ignorante perchè è così difficile fare sul palcoscenico ciò che tutti facciamo ogni giorno vivendo. MI chiedo da ignorante perchè uno spirito inserito in un contesto di rappresentazione abbia tanta difficoltà ad essere trasmesso, a farsi percepire. Nella vita quotidiana si riesce a improvvisarsi con mille maschere a seconda delle circostanze, prediligendone una che risulti più rassicurante. Lo fanno tutti suppongo, o quasi. La consapevolezza di sè stessi è sopraffatta dalle improvvisazioni imposte da personalità fittizie, dall'obbligo di adeguarsi al contesto. Non è improvvisazione anche questa? Se lo è non c'è dubbio che richiede una dedizione ed una concentrazione totali, tant'è che se si osserva la gente che cammina per strada, pochi risultano particolarmente rilassati e gongolanti di serenità. In un contesto teatrale l'improvvisazione è per eccellenza lo specchio di ciò che si è pur interpretando un ruolo che ci si è scelti o che è stato imposto, senza che risulti evidente l'interpretazione stessa. Da ignorante mi chiedo se per caso non è proprio per questo che l'improvvisazione risulta tanto interessante e coinvolgente. ED è complesso, estremamente difficile e proprio per questo decisamente stimolante.
L'improvvisazione è un diverso modo di intendere, un'altro stato dell'essere in opera. E' un fluire spontaneo e la spontaneità è il fondamento dell'improvvisazione. Non a caso Jarrett, nell'intervista da cui è stata tratta questa frase, afferma di "non aver mai amato i giochetti". L'autenticità, nell'atto creativo, è dunque il primo requisito dell'intenzione espressiva. La difficoltà di operare attraverso l'improvvisazione è dovuta principalmente all'ingombro dell'Io, che è appunto lo sceneggiatore dei "giochetti". Per esprimersi liberamente, senza una pianificazione, e specialmente su di un palcoscenico, ci vuole molto lavoro. E il primo passo sta nell'abbandonare "il ponte di comando" dal quale osserviamo criticamente noi stessi e il mondo.
...ABBANDONARE IL PONTE DI COMANDO SIGNIFICA AFFIDARSI ALL'IMPREVISTO. CI VUOLE UNA MONTAGNA DI CORAGGIO... MA TANTO DAVVERO.
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